Nelle regioni del Centrosud la carenza di impianti per il trattamento e il riciclo dei rifiuti è allarmante. Una città può essere campione di raccolta differenziata, ma dove mettere quei rifiuti conferiti in modo
differenziato se mancano gli impianti»? Alcune città, per esempio Roma e Napoli, sono in perenne emergenza. «Il sistema delle loro Regioni ha storicamente fatto poca raccolta differenziata: moltissimi rifiuti finivano nell’indifferenziato. In una situazione simile l’intero sistema finisce per ingolfarsi appena una discarica ha problemi. Lazio e Campania, come Regioni, sono migliorate negli ultimi dieci anni, Roma e Napoli faticano ancora a farlo, per quanto Napoli abbia fatto passi da gigante negli ultimi dieci anni.
A Roma il sesto e il decimo Municipio sono passati alla raccolta porta a porta: quasi cinquecentomila abitanti serviti, con risultati incoraggianti.
Fare attenzione alla qualità del servizio è fondamentale: il cittadino tende a comportarsi in modo più virtuoso se gli viene messo a disposizione un servizio efficace e funzionante».
Luca Ruini, 55 anni, è Mister Riciclo: laurea in ingegneria elettronica, direttore del Dipartimento sicurezza, ambiente ed energia del gruppo alimentari. Barilla, è da qualche mese anche presidente del Conai, il consorzio nazionale imballaggi, costituito (senza fini di lucro) da S00mila produttori e utilizzatori di imballaggi con l’ obiettivo di recuperare e riciclare i materiali di imballaggio, come prevedono la legislazione europea e quella italiana. «Nel nostro paese sono oltre 58 milioni gli abitanti serviti grazie all’accordo quadro Conai-Anci (l’associazione dei Comuni) per il ritiro dei rifiuti di imballaggio in modo differenziato’, spiega.
«Per coprire i maggiori oneri della raccolta differenziata, nel corso del 2019 il Cenai ha trasferito ai Comuni 648 milioni di curo, altri 421 milioni di curo sono stati destinati direttamente all’ attività di trattamento, riciclo e recupero.
Domanda. Quale voto recuperabili nel corso dei prossimi cinque anni dare all’Italia perla raccolta differenziata? Risposta. Non abbiamo niente da invidiare a nessun paese europeo se parliamo di seconda vita dei rifiuti di imballaggio.
L’Europa impone un tasso di riciclo complessivo degli imballaggi del 65% entro il 2025, l’Italia ha già raggiunto il 70%. Se oltre al riciclo consideriamo la trasformazione dei rifiuti in energia, ossia la terza strada che l’Europa suggerisce per evitare la discarica oltre al riuso e al riciclo, il recupero degli imballaggi in Italia arriva all’81%. Cinque dei sei materiali di imballaggio hanno già superato i risultati che l’Europa si aspetta entro i12025: acciaio, alluminio, carta, legno e vetro.
La plastica resta indietro ma di pochi punti percentuali, recuperabili nel corso dei prossimi cinque anni. Occorre investire in ricerca e sviluppo, per trovare nuove strade che consentano di avviare a riciclo anche quelle frazioni che non è possibile riciclare con le tecnologie attuali.
D. C’è chi però lancia accuse verso gli imballaggi, che a volte sembrano sovradimensionati negli scaffali dei supermercati.
R. Soprattutto in questo periodo l’imballaggio è garanzia di igiene e sicurezza inoltre ha una funzione importantissima nel ridurre lo spreco alimentare. Ciò che è fondamentale è gestire correttamente il fine vita di un pack: gli imballaggi non hanno le gambe, non finiscono nei fiumi o negli oceani da soli. Comunque per tutelare l’ambiente le aziende si stanno facendo carico, attraverso il Conai,
dei costi della corretta fine vita degli imballaggi che immettono sul mercato. Si tratta di un costo che supera il miliardo di euro ed è un contributo rilevante se consideriamo che la raccolta differenziata complessiva ha un costo che si aggira attorno ai 2 miliardi di euro, e che i rifiuti di imballaggio rappresentano una percentuale dei rifiuti urbani che oscilla solamente fra il 25% e il 28%.
D. Ma come intervenire per rendere comunque meno invasivi gli imballaggi?
R. Va incentivato l’eco-design poiché buona parte degli impatti che un imballaggio ha sull’ambiente si definisce nella fase della sua progettazione, poi bisogna lavorare sull’etichettatura ambientale; dal 26 settembre è obbligatoria per tutti gli imballaggi e deve dare al consumatore informazioni su come gestire correttamente la fine vita di un pack, ma la normativa lascia dubbi interpretativi che vogliamo sciogliere. Per questo siamo al lavoro ed entro il 30 novembre consegneremo un documento alle istituzioni in modo da avere regole precise ed efficaci.
D. Quanto sta incidendo l’emergenza Covid sui rifiuti?
R. Ha rischiato di mettere in crisi il settore lo scorso marzo: cementifici, acciaierie, pannellifici erano chiusi. Nessuno aveva più bisogno di materia da riciclo, e gli impianti si stavano saturando. Il rischio di un’emergenza rifiuti era concreto in parecchie aree del paese. Abbiamo lavorato con le istituzioni perché gli stoccaggi minimi previsti dalla legge fossero aumentati e siamo riusciti a continuare a garantire il ritiro dei rifiuti di imballaggio lungo tutta la Penisola e anzi nel primo quadrimestre del 2020 i conferimenti sono aumentati, anche perché le vendite al dettaglio del comparto alimentare, tra gennaio e luglio 2020, hanno registrato crescite superiori al 3% rispetto agli stessi mesi del 2019. Adesso siamo col fiato sospeso per questa nuova fase dell’emergenza ma ci stiamo attivando perché la raccolta non abbia intoppi.
D. Cosa dovrebbe fare la politica per promuovere l’uso di materie prime riciclate?
R. Dovrebbe prevedere incentivi fiscali soprattutto per quelle materie prime seconde che ancora faticano a trovare sbocchi di mercato. Penso alla plastica: ne ricicliamo sempre di più ma c’è ritrosia nell’utilizzo di plastica riciclata perché è meno bella, fatica a trovare applicazioni nobili.
Ma gli incentivi fiscali per favorire il ricorso ai materiali riciclati, in generale, sono diventati urgenti ora che la. Cina ha chiuso le frontiere, provocando una sovrapproduzione di rifiuti da riciclare e un crollo del valore della materia prima seconda.
Inoltre è necessario potenziare le tecnologie per il riciclo e colmare il deficit impiantistico: parte delle risorse del Recovery Fund andrebbe saggiamente usata per questo.
D. I giovani sono più o meno attenti al riciclo rispetto ai meno giovani?
R. Le nostre rilevazioni indicano che l’interesse alla sostenibilità è trasversale alle generazioni. Alcuni dati ci mostrano come gli over 55 siano mediamente più preoccupati degli under 35 quando si parla di sostenibilità ambientale. Quanto alle famiglie, quelle con bambini da 0 a 6 anni sono meno attente
alla ricerca di informazioni sulla sostenibilità degli imballaggi quando si acquista un prodotto mentre se ci sono figli tra 7 e 14 anni c’è sensibilità verso le etichette ambientali sui pack.