Fin da quando, oltre vent’anni fa, fu lanciata la campagna dei rifiuti detta delle 5R mi ero posto
l’obiettivo del coinvolgimento dei bambini e delle bambine. Le 5 R si riferiscono a Riduzione, Riuso, Riciclo, Raccolta, Recupero, tutti termini non sempre chiari per gli adulti, figuriamoci per i più piccoli. Convinto come sono che una delle principali fonti di energia arrivi dall’entusiasmo dei più giovani e
dall’esempio degli adulti, mi sono chiesto cosa fare per coinvolgere gli uni egli altri.
Non ero e non sono certo il solo a pormi il quesito. Basta guardare in Rete per vedere in quanti siti italiani e stranieri vengono illustrate esperienze di collaborazione tra adulti e bambini nell’opera di protezione del nostro ambiente di vita. Tutte interessanti e istruttive ma qualcuna davvero straordinaria per creatività e risultati. Premetto che le 5 R sono la dura normalità per piccoli e
grandi che vivono in condizioni di povertà se non di estrema indigenza. A loro non serve una campagna di riciclo perché ridurre, riusare, riciclare, raccoglie e recuperare è una assoluta necessità. Nella
storia dell’umanità, e anche nella nostra, guerre, carestie e sfruttamento sono una costante che coinvolge popolazioni intere ma anche famiglie e comunità molto vicine a noi. Basta girare per le città
con gli occhi aperti e vedere come si arrangiano i poveri per sopravvivere. E come, malgrado tutto, i bambini si ostinino a giocare tra loro con quel poco che hanno a disposizione o che riescono a recuperare grazie agli scarti dei coetanei più fortunati.
Per chi invece non ha soltanto il necessario ma anche il superfluo c’è il rischio di crescere nell’indifferenza e nel disamore nei confronti degli oggetti e perfino dell’ambiente da trascurare e scartare quando non servono più, ritenendo tutto facilmente sostituibile nella certezza di poter
rimpiazzare tutto con qualcosa di più avanzato, appetibile.
Ma i bambini, tutti, quale che sia la loro condizione sociale, non sono così, almeno nei primissimi anni di vita. I piccoli non concepiscono la morte e la scomparsa, tendono ad affezionarsi a tutto ciò
che è legato a momenti gradevoli, come se sapessero che se nulla si crea e nulla si distrugge ma si può trasformare, allora nulla muore. Sarebbe una partenza ideale per una campagna di raccolta, recupero, riciclo e riuso. Le cose però non vanno così se bambini e bambine crescono accanto ad adulti che, dimentichi della loro infanzia, non sanno che il gioco è la principale chiave di accesso per valorizzare la
naturale curiosità ed energia dei piccoli e per favorirne la crescita e la socializzazione.
E soprattutto se gli adulti non si dimostrano esperti in quella che io ho chiamato «manutenzione d’amore». Manutenzione è un termine a prima vista fuori del nostro contesto perché richiama quelle operazioni che servono a mantenere efficienti e in buono stato impianti, macchinari, edifici. Non è comune un’espressione quale «manutenzione d’amore», anzi si potrebbe ritenere sconsigliabile, perché unisce in una sorta di ossimoro due immagini in apparenza contraddittorie, la presunta pesantezza della manutenzione e la presunta levità dell’amore. Invece, nella manutenzione c’è spesso tanto amore, nel senso di un forte legame di affetto e di interesse, o almeno di impegno e di diligenza, affinché l’oggetto «ben mantenuto» o trasformato, riciclato, riusato, duri nel tempo nelle migliori condizioni possibili. In un’epoca di trionfante «usa e getta», la manutenzione è un’operazione controcorrente
di grande valore materiale e spirituale. E come se dicessi all’oggetto della mia manutenzione d’amore: «voglio che tu viva il più a lungo possibile, tu sei prezioso per me o per altri».
Con la manutenzione, il riciclo. Il riuso: io sottraggo l’oggetto ad un destino di pericolosa dimenticanza e cerco di fare in modo che l’oggetto della mia manutenzione d’amore continui a dare il meglio di sé in forme diverse e anche senza di me. Questo tipo di manutenzione, per di più, fa bene a chi la fa, impreziosisce, con il lavoro, la cura e l’impegno, il rapporto con uomini e cose, ci assicura legami vitali, ci dà radici, toglie le nostre relazioni dalla precarietà della cronaca collocandole in una storia che è di cura, perfezionamento, impegno, affetto. E i bambini queste cose le capiscono visto che hanno bisogno di manutenzione d’amore fin dalla nascita.
Fonte: Corriere della Sera