La cura delle cose. Insegnare ai più piccoli la “manutenzione d’amore” è il primo passo” verso il futuro

30 Ottobre 2018

Fin da quando, oltre vent’anni fa, fu lanciata la campagna dei rifiuti detta delle 5R mi ero posto
l’obiettivo del coinvolgimento dei bambini e delle bambine. Le 5 R si riferiscono a Riduzione, Riuso, Riciclo, Raccolta, Recupero, tutti termini non sempre chiari per gli adulti, figuriamoci per i più piccoli. Convinto come sono che una delle principali fonti di energia arrivi dall’entusiasmo dei più giovani e
dall’esempio degli adulti, mi sono chiesto cosa fare per coinvolgere gli uni egli altri.
Non ero e non sono certo il solo a pormi il quesito. Basta guardare in Rete per vedere in quanti siti italiani e stranieri vengono illustrate esperienze di collaborazione tra adulti e bambini nell’opera di protezione del nostro ambiente di vita. Tutte interessanti e istruttive ma qualcuna davvero straordinaria per creatività e risultati. Premetto che le 5 R sono la dura normalità per piccoli e
grandi che vivono in condizioni di povertà se non di estrema indigenza. A loro non serve una campagna di riciclo perché ridurre, riusare, riciclare, raccoglie e recuperare è una assoluta necessità. Nella
storia dell’umanità, e anche nella nostra, guerre, carestie e sfruttamento sono una costante che coinvolge popolazioni intere ma anche famiglie e comunità molto vicine a noi. Basta girare per le città
con gli occhi aperti e vedere come si arrangiano i poveri per sopravvivere. E come, malgrado tutto, i bambini si ostinino a giocare tra loro con quel poco che hanno a disposizione o che riescono a recuperare grazie agli scarti dei coetanei più fortunati.
Per chi invece non ha soltanto il necessario ma anche il superfluo c’è il rischio di crescere  nell’indifferenza e nel disamore nei confronti degli oggetti e perfino dell’ambiente da trascurare e scartare quando non servono più, ritenendo tutto facilmente sostituibile nella certezza di poter
rimpiazzare tutto con qualcosa di più avanzato, appetibile.
Ma i bambini, tutti, quale che sia la loro condizione sociale, non sono così, almeno nei primissimi anni di vita. I piccoli non concepiscono la morte e la scomparsa, tendono ad affezionarsi a tutto ciò
che è legato a momenti gradevoli, come se sapessero che se nulla si crea e nulla si distrugge ma si può trasformare, allora nulla muore. Sarebbe una partenza ideale per una campagna di raccolta, recupero, riciclo e riuso. Le cose però non vanno così se bambini e bambine crescono accanto ad adulti che, dimentichi della loro infanzia, non sanno che il gioco è la principale chiave di accesso per valorizzare la
naturale curiosità ed energia dei piccoli e per favorirne la crescita e la socializzazione.
E soprattutto se gli adulti non si dimostrano esperti in quella che io ho chiamato «manutenzione d’amore». Manutenzione è un termine a prima vista fuori del nostro contesto perché richiama quelle operazioni che servono a mantenere efficienti e in buono stato impianti, macchinari, edifici. Non è comune un’espressione quale «manutenzione d’amore», anzi si potrebbe ritenere sconsigliabile, perché unisce in una sorta di ossimoro due immagini in apparenza contraddittorie, la presunta pesantezza della manutenzione e la presunta levità dell’amore. Invece, nella manutenzione c’è spesso tanto amore, nel senso di un forte legame di affetto e di interesse, o almeno di impegno e di diligenza, affinché l’oggetto «ben mantenuto» o trasformato, riciclato, riusato, duri nel tempo nelle migliori condizioni possibili. In un’epoca di trionfante «usa e getta», la manutenzione è un’operazione controcorrente
di grande valore materiale e spirituale. E come se dicessi all’oggetto della mia manutenzione d’amore: «voglio che tu viva il più a lungo possibile, tu sei prezioso per me o per altri».
Con la manutenzione, il riciclo. Il riuso: io sottraggo l’oggetto ad un destino di pericolosa dimenticanza e cerco di fare in modo che l’oggetto della mia manutenzione d’amore continui a dare il meglio di sé in forme diverse e anche senza di me. Questo tipo di manutenzione, per di più, fa bene a chi la fa, impreziosisce, con il lavoro, la cura e l’impegno, il rapporto con uomini e cose, ci assicura legami vitali, ci dà radici, toglie le nostre relazioni dalla precarietà della cronaca collocandole in una storia che è di cura, perfezionamento, impegno, affetto. E i bambini queste cose le capiscono visto che hanno bisogno di manutenzione d’amore fin dalla nascita.

Fonte: Corriere della Sera