Nozione di imballaggio: i chiarimenti della giurisprudenza

  1. Alcune decisioni giurisprudenziali hanno di recente chiarito importanti profili della nozione di imballaggio.
    Considerata la diffusione, anche su siti internet, di notizie parziali e strumentali, è opportuno fornire informazioni precise e riscontrabili volte a superare ogni confusione a riguardo, anche considerato che potrebbero ripetersi richieste indebite e pretestuose alle imprese produttrici di imballaggi.
  2. Una recente sentenza del Tribunale di Roma (n. 11074/2014) ha confermato la natura di imballaggio dei mandrini (i tubi sui quali sono avvolti materiali flessibili: film plastico, carta, ecc.), ribadendo che l’obbligo ex lege dei produttori e degli utilizzatori di imballaggio previsto sia dal decreto Ronchi, sia dal d. lgs. n. 152/2006 “prescinde dalla qualificazione dell’imballaggio come primario (…) o secondario (…) ovvero terziario (…) in quanto l’imballaggio, indipendentemente dalla funzione che è deputato a svolgere, è in ogni caso destinato alla raccolta differenziata dei rifiuti effettuata dal servizio pubblico”. La sentenza conferma inoltre che “un prodotto è qualificato come imballaggio con riguardo alla sua funzione, che è quella di contenimento, di protezione o di manipolazione delle merci per consentire la consegna e la presentazione dal produttore all’utilizzatore, dall’utilizzatore al consumatore, indipendentemente quindi dalla fase di commercializzazione delle merci contenute negli stessi imballaggi, con la conseguenza che la merce imballata può essere indifferentemente materia prima, semilavorato o prodotto finito”. La sentenza precisa infine che “la direttiva n. 2004/12/Ce ha lasciato inalterata la nozione di imballaggio contenuta nell’art. 3, comma 2, della direttiva 94/62/Ce, concludendo, anche alla luce della direttiva 2013/2/Ue, che “le anime delle bobine sono assoggettate al contributo ambientale Conai”.
  3. Un’altra sentenza di primo grado (Tribunale di Roma, n. 8131/2014), relativa alla natura d’imballaggio di una specifica categoria di beni costituita da bins di grandi capacità (superiori ai 100 litri), ne ha invece erroneamente negato la qualifica di imballaggi in quanto “per le loro caratteristiche (…) sono stati progettati e fabbricati per resistere e durare a lungo”, sicché essi “non sono assimilabili a contenitori per l’utilizzo singolo o limitato nel tempo” in quanto “destinati ad un utilizzo prolungato e durevole” e “come ausilio duraturo all’attività dell’impresa all’interno del ciclo produttivo delle medesima e non al fine di garantire un idoneo trasporto della merce nel circuito produttore/utilizzatore/consumatore (e passaggi intermedi)”.La contrapposizione tra il concetto di “utilizzo singolo o limitato nel tempo” e quello di “utilizzo prolungato e durevole nel tempo” all’interno “del ciclo produttivo” dell’impresa è infatti estranea alle norme di legge in materia, per le quali la durata o il luogo d’utilizzo o di reimpiego di un bene non sono di per sé determinanti ai fini della sua identificazione come imballaggio. Nella motivazione della decisione, lo stesso Tribunale non esclude che la riutilizzabilità di un bene sia di per sé incompatibile con la funzione di imballaggio.Su tali profili il Conai si riserva di impugnare la decisione tenuto anche conto dei precedenti giurisprudenziali di senso opposto (Tribunale di Roma n. 2005/2012, n. 2011/2012).
    In ogni caso la sentenza, confermando i precedenti giurisprudenziali dominanti sulla disciplina nazionale e comunitaria di riferimento, ribadisce che:a) ai fini della qualificazione di un bene come imballaggio è attribuito un ruolo centrale alla sua funzione di contenimento, protezione, manipolazione, consegna delle merci, siano esse materie prime o prodotti finiti, nei passaggi da un produttore a un consumatore/utente finale, da un  produttore a un utilizzatore, da un utilizzatore a altro utilizzatore o da un utilizzatore a un consumatore/utente finale;
    b) tale funzione va verificata ex ante e in astratto, tenuto conto delle caratteristiche progettuali e di fabbricazione del bene.
  4. Una fondamentale sentenza della Corte d’appello di Roma (n. 3048/2014) ha infine confermato, rigettando l’impugnazione proposta da Polieco, la sentenza del Tribunale di Roma n. 16818/2007 che ha accertato la natura di imballaggio per gli shoppers, i sacchi a valvola, i sacchi a bocca aperta, film tubolare e piano per l’imballaggio automatico, per esempio, di concimi, fertilizzanti, prodotti chimici in genere, polimeri, sali, paste alimentari, mangimi, cappucci copri palletts, termoretraibili ed estensibili, film in fogli per copertura “top” dei palletts e film estensibile industriale per imballaggio palletts. Imballaggi che Polieco da tempo pretendeva di attrarre nel sistema di gestione dei rifiuti di beni in polietilene, sottraendoli a quello dei rifiuti di imballaggio.La Corte ribadisce che il criterio di qualificazione di un prodotto come imballaggio va individuato nella sua “funzione (di contenimento e di protezione)”. Ciò alla luce del decreto Ronchi e dell’art. 3 della direttiva 94/62/CE, fermo restando che la direttiva n. 2004/12/CE, “per completezza di motivazione” citata nella sentenza di primo grado,  si è limitata a precisare la definizione di “imballaggio” già presente nella direttiva n. 94/62/CE (attuata dal decreto Ronchi), fornendo criteri esplicativi utili sul piano interpretativo a chiarire la definizione”. Questa puntualizzazione della Corte è risultata necessaria per smentire la tesi di Polieco secondo la quale la nozione di imballaggio fosse radicalmente mutata per effetto della direttiva n. 2004/12/CE e del suo recepimento in Italia con il d. lgs. n. 152/2006.I Giudici di secondo grado, smentendo le opposte tesi di Polieco, ribadiscono inoltre l’esattezza dell’interpretazione della disciplina di riferimento compiuta dal Tribunale di Roma nella sentenza n. 16818/2007 (e in molte altre decisioni: v. Tribunale di Roma n. 10050/2006; n. 10555/2008; n. 21623/2008; n. 2005/2012; n. 2011/2012; n. 2015/2012; n. 2019/2012; n. 23265/2013; n. 6732/2014) con riguardo al fatto che:a) le funzioni di imballaggio indicate nelle definizioni normative non vanno intese come cumulative;
    b) possono essere qualificati imballaggi anche “i beni destinati ad essere utilizzati all’interno del ciclo produttivo”;
    c) la nozione di imballaggio non si riferisce “soltanto al prodotto adibito a consentire la consegna di merci dal produttore al consumatore, ma anche a quello adibito a consentire la consegna dal produttore all’utilizzatore”.La Corte d’appello conferma altresì la correttezza del rigetto della domanda riconvenzionale del Polieco volta ad accertare e dichiarare che “i beni quali i contenitori utilizzati nell’industria ed agricoltura (per materiali solidi o liquidi ed anche prodotti agroalimentari), quali bins, vasche e casse di contenimento, contenitori per logistica, cisterne, teli per insilaggio e per rotoballe caratterizzati da specifici accorgimenti tecnici e da particolari caratteristiche in funzione delle diverse applicazioni industriali ed utilizzati, ripetutamente, in funzione di bene strumentale (e come tali considerati anche sotto il profilo contabile e fiscale: c.d. “beni ammortizzabili”) per la produzione e/o attività tipica dell’impresa non sono, in relazione allo specifico utilizzo, industriale-produttivo, da considerarsi imballaggi, ma, se realizzati integralmente o prevalentemente in polietilene, beni soggetti alla disciplina di cui all’art. 48 D.lgs. 22/97”.Ne consegue che anche per questi beni va riconosciuta la natura di imballaggio, risultando dunque smentita in sede d’appello la tesi contenuta nella sopra richiamata sentenza del Tribunale di Roma n. 8131/2014 secondo la quale tale natura andrebbe sempre esclusa per i bins.La sentenza della Corte d’appello assume particolare rilievo atteso che la controversia decisa riguarda un accertamento con valenza generale e astratta, dunque non riferibile a particolari tipologie di beni prodotti da specifici produttori d’imballaggio, e che essa costituisce la prima decisione rilevante in argomento di un giudice dell’ultimo grado di merito.
  5. La Corte ha bisogno di poche, essenziali considerazioni per esaminare e respingere con puntualità tutti i motivi d’appello di Polieco.
    Ampio spazio dedica invece alla richiesta riconvenzionale di danni avanzata dal Conai nei confronti del Polieco, considerata la reiterazione oltre ogni logica delle sue interpretazioni e relative pretese nei confronti delle imprese produttrici di imballaggi.La sentenza respinge infine la richiesta risarcitoria, ma sottolinea che gli errori di diritto di Polieco, scusabili sotto il solo profilo risarcitorio nel 2003 quando la causa è stata iniziata, non lo sono più oggi alla luce degli orientamenti giurisprudenziali nazionali e comunitari nel frattempo intervenuti.