Il 5 dicembre 2018 è stata presentata una interrogazione parlamentare n. 4-00976 (Senato_4-00976_5_12_2018_Film_Adesivo), a firma dei senatori Elio Lannutti e Primo Di Nicola (M5S), sull’obbligo di iscrizione dei produttori del film adesivo in polietilene al CONAI. In una nota di chiarimento, inviata ai Senatori interroganti, CONAI ha osservato quanto segue.
La disciplina italiana di recepimento delle direttive europee sui rifiuti e sui rifiuti di imballaggio contenuta nel d. lgs n. 152/2006 delinea un sistema specifico per la gestione degli imballaggi incentrato sul CONAI che si affianca a sistemi di gestione che operano con riferimento ad altre categorie di beni e rifiuti. Fra questi, rientra il sistema gestito da POLIECO per i beni in polietilene.
Nessuna sovrapposizione di competenze tra i due sistemi è però configurabile, tenuto conto del rispettivo ambito di intervento.
Infatti, sia per il d. lgs n. 22/1997 prima, sia per il d. lgs n. 152/2006 dopo, CONAI e POLIECO costituiscono due diversi sistemi di gestione di rifiuti, tra loro complementari e concorrenti, e privi di interferenze reciproche dato che il legislatore diversifica il loro rispettivo ambito di intervento attribuendo al sistema CONAI la gestione degli imballaggi (anche in materiale plastico, e in polietilene in particolare) e al POLIECO la gestione dei beni in polietilene (ma non dei beni costituiti con altro tipo di materiale plastico) che non si configurino come imballaggi.
In passato, sono insorti alcuni contrasti interpretativi tra CONAI e POLIECO in merito alla configurazione come imballaggi di alcune tipologie di beni in polietilene.
Tali contrasti sono stati risolti dalla giurisprudenza del Tribunale di Roma e da quella della Corte di appello di Roma che hanno riconosciuto la natura di imballaggi di numerose tipologie di beni che il POLIECO considerava afferenti al suo sistema di gestione (v. le sentenze del Tribunale di Roma n. 10050/2006, n. 24563/2007, n. 10555/2008, n. 2005/2012, n. 2011/2012, n. 2015/2012, n. 2019/2012, n. 23265/2013, n. 6732/2014, n. 11074/2014, n. 19152/2016; e le sentenze della Corte d’appello di Roma n. 1265/2015, n. 3511/2017).
In questo contesto, particolare rilievo assume la sentenza del Tribunale di Roma n. 16818/2007 che ha accertato la natura di imballaggi di una vasta categoria di prodotti e che è stata successivamente confermata non solo dalla Corte d’appello di Roma con la sentenza n. 3048 del 12 maggio 2014, ma anche della Corte di Cassazione che con l’ordinanza n. 19312 dell’8 giugno 2018 si è pronunciata per la prima volta sulla definizione legale di imballaggio.
Questi i principi interpretativi della nozione di imballaggio confermati anche dai giudici di legittimità:
- il criterio di qualificazione di un prodotto come imballaggio va individuato nella sua funzione di contenimento, protezione, manipolazione, consegna delle merci, siano esse materie prime o prodotti finiti;
- le funzioni di imballaggio indicate nelle definizioni normative non vanno intese come cumulative;
- la nozione di imballaggio non si riferisce soltanto al prodotto adibito a consentire la consegna di merci dal produttore al consumatore, ma anche a quello adibito a consentire la consegna dal produttore all’utilizzatore;
- possono essere qualificati imballaggi anche i beni destinati ad essere utilizzati all’interno del ciclo produttivo;
- la valutazione dell’idoneità del bene a svolgere una o più delle suddette funzioni va compiuta ex ante e in astratto, non ex post e in concreto;
- anche i contenitori utilizzati nell’industria e in agricoltura per la conservazione di materiali solidi o liquidi oppure di prodotti agroalimentari sono da considerarsi imballaggi, anche qualora siano impiegati come beni strumentali per l’attività tipica dell’impresa.
Tali principi trovano applicazione non soltanto con riguardo alla definizione di imballaggio riportata nell’art. 35 del d. lgs 5 febbraio 1997 n. 22 al quale espressamente si riferiscono in quanto, ancorché abrogato, applicabile alla fattispecie di causa esaminata dalla Cassazione; ma anche con riferimento alla nozione di imballaggio attualmente prevista nell’art. 218 del d. lgs 3 aprile 2006, n. 152.
L’identificazione del concetto di imballaggio da parte dei giudici di legittimità si fonda sui profili generali della corrispondente nozione comunitaria contenuti nell’originario art. 3, par. 1, commi 1 e 2, della direttiva n. 94/62/Ce, correttamente recepiti nell’ordinamento italiano e non modificati dai criteri interpretativi successivamente introdotti dall’art. 1, par. 1, della direttiva 2004/12/CE. Anche la recente direttiva 2018/852/Ue lascia inalterata sul punto la definizione di imballaggio.
Anche tenuto conto di quanto disposto dalla Corte di appello di Roma nella sentenza n. 3048/2014 successivamente confermata dall’ordinanza della Cassazione n. 19312/2018, sin dal mese di luglio 2014 CONAI, al fine di agevolare la regolarizzazione delle imprese consorziate, ha inviato una proposta di definizione agevolata dei crediti contributivi pregressi a tutti i produttori di imballaggi in polietilene oggetto della sentenza della Corte d’appello n. 3048/2014, invitandoli al versamento del contributo ambientale Conai riferito agli ultimi 5 anni senza applicazione di sanzioni e prevedendo piani di rientro fino a 36 mesi. Agli utilizzatori è stato raccomandato di richiedere ai propri fornitori la corretta fatturazione del contributo ambientale Conai sugli acquisti di questi imballaggi, evitando così di incorrere in sanzioni per eventuali comportamenti non in linea con quanto statuito nella sentenza d’appello accertati a partire da quel momento.
La proposta di regolarizzazione agevolata non ha sortito effetti significativi, probabilmente anche in considerazione del fatto che la sensibile differenza tra il basso valore del contributo POLIECO e il più consistente valore del contributo ambientale CONAI costituisce una forte resistenza per le imprese a versare quest’ultimo.
Atteso che gli obblighi di legge connessi alla gestione degli imballaggi non possono essere evasi o elusi con conseguente pregiudizio degli obiettivi ambientali, oltre che della leale concorrenza tra le imprese operanti nel settore, CONAI si è visto costretto ad avviare alcune cause di accertamento nei confronti delle imprese produttrici di film in polietilene adesivo e protettivo che, nonostante l’invito alla regolarizzazione, hanno continuato ad applicare il contributo POLIECO su tali prodotti.
All’esito di uno dei suddetti giudizi è recentemente intervenuta la sentenza del Tribunale di Roma n. 22952 del 29 novembre 2018 (Sentenza_Tribunale_n_22952_29_11_2018), che dunque si è pronunciata specificamente sulla natura del film in polietilene adesivo e protettivo con riferimento alla disciplina sia comunitaria sia nazionale vigente nel periodo dal 1998 al 2015.
Nel solco tracciato dall’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato al quale si è fatto sopra riferimento, il Tribunale di Roma – che tra l’altro ha confermato che la definizione nazionale di imballaggio è da sempre coerente con quella comunitaria di riferimento – ha statuito che il film in polietilene adesivo e protettivo è da considerarsi a tutti gli effetti un imballaggio tenuto conto della sua funzione di contenimento/protezione delle merci, identificabile indipendentemente dal fatto che sia impiegato all’interno di un ciclo produttivo e che accompagni i prodotti nella fase di commercializzazione da produttore a utilizzatore, da produttore a consumatore, da utilizzatore a utilizzatore o da utilizzatore a consumatore.